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venerdì 30 settembre 2011

Ex-minimi, determinazione «ordinaria» del reddito

A parte le agevolazioni riconosciute, gli ex-minimi tornano ad applicare le regole ordinarie per la determinazione del reddito e dell’IRPEF
I nuovi requisiti di accesso al regime dei contribuenti minimi previsti dal DL 98/2011 comporteranno, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la fuoriuscita dal regime agevolato di numerosi contribuenti, oppure ne precluderanno ad altri la fruizione sin dall’inizio.
Questi soggetti, supponendo che il regime delle nuove iniziative produttive non sia più applicabile a decorrere dalla medesima data (si veda “Minimi: ancora nessun chiarimento” del 26 settembre scorso), potranno avvalersi solo del regime ordinario, in contabilità ordinaria o semplificata (a parte il nuovo regime dei minimi, infatti, non esisterebbero più altri regimi forfettari).

L’art. 27 comma 3 del DL 98/2011, peraltro, ha previsto che tali soggetti possano beneficiare comunque di alcune agevolazioni, a condizione che possiedano tutte le caratteristiche, previste dai commi 96 e 99 della L. 244/2007, necessarie per la fruizione del previgente regime dei minimi (ad esempio, ricavi/compensi inferiori a 30.000 euro, beni strumentali nel triennio precedente non superiori a 15.000 euro, non assunzione di lavoratori dipendenti, non utilizzo di regimi speciali IVA).
Infatti, fermi restando l’obbligo di conservare i documenti ricevuti ed emessi e, se prescritti, gli obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi, gli stessi sono:
- esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, rilevanti ai fini delle imposte dirette e dell’IVA;
- esonerati dalle liquidazioni e dai versamenti periodici rilevanti ai fini IVA previsti dal DPR 100/98;
- esenti da IRAP.
Tale argomento è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare, la n. 5-05408 del 28 ottobre scorso, con la quale si domandava quali sarebbero stati, a decorrere dal periodo d’imposta 2012, i criteri di determinazione del reddito e le modalità di tassazione (IRPEF ordinaria a scaglioni o imposta sostitutiva) per i contribuenti che rientrano nel “regime degli ex minimi”. È stato precisato che tali soggetti non potranno più godere dei criteri “semplificati” per la determinazione del reddito, né della tassazione sostitutiva, in quanto non beneficiano più del regime agevolato. Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2012, nei confronti dei contribuenti che possiedono i requisiti previsti per il “regime degli ex minimi”, ferme le semplificazioni sopra indicate, troveranno applicazione, ai fini del calcolo dell’IRPEF, le consuete regole di determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo previste dal TUIR, nonché le aliquote d’imposta ordinarie.
Definito il trattamento per gli “ex minimi”, si continua a rimanere in attesa di chiarimenti sul regime dei “nuovi minimi”, per consentire ai contribuenti di comprendere meglio i nuovi requisiti di accesso al regime.

giovedì 29 settembre 2011

Ultimi giorni per la chiusura delle partite IVA inattive

Entro martedì 4 ottobre 2011 occorre versare l’imposta ridotta pari a 129 euro
Ancora pochi giorni per poter sanare la violazione consistente nella tardiva o omessa comunicazione di cessata attività che comporta la chiusura della posizione fiscale ai fini IVA. Scade, infatti, il 4 ottobre 2011 il termine entro cui il contribuente deve versare la sanzione nella misura ridotta di 129 euro (pari a un quarto di 516 euro).
Tale sanatoria può essere utilizzata a condizione che la violazione non sia già stata contestata da parte dell’Ufficio con atto portato a conoscenza del contribuente.
Con la ris. 93/2011, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la chiusura della partita IVA è effettuata sulla base dei dati ricavati dal modello F24 e che, per semplificare gli adempimenti ed evitare di richiedere informazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria, non sono posti a carico del contribuente ulteriori adempimenti. Di conseguenza, non è necessaria la presentazione:
- della copia del pagamento effettuato agli uffici dell’Agenzia delle Entrate (i dati dei pagamenti effettuati con il modello F24-Elementi identificativi, sia che vengano effettuati in modo telematico, sia presso banche o uffici postali, vengono acquisiti nel sistema informativo dell’Anagrafe tributaria);
- della dichiarazione di cessazione attività con il modello AA7/10 o AA9/10.
Inoltre, il medesimo documento ha chiarito che, per poter fruire della sanatoria, è necessario che il soggetto, nei periodi successivi all’anno di effettiva cessazione dell’attività:
- non abbia esercitato attività d’impresa o di arti e professioni;
- non abbia effettuato alcuna operazione. 
La regolarizzazione in esame non riguarda le dichiarazioni di cessazione attività presentate nei termini, ma in forma incompleta o inesatta. In tal caso, secondo l’art. 5 comma 6 ultimo periodo del DLgs. 471/97, la sanzione è ridotta a 103,20 euro (pari a un quinto di 516 euro) se il soggetto provvede alla regolarizzazione della dichiarazione presentata entro 30 giorni dall’invito dell’Ufficio.
Ai fini della regolarizzazione della violazione, oltre alla presentazione della comunicazione di cessazione attività, secondo quanto indicato dalla ris. Agenzia delle Entrate 11 luglio 2011 n. 72, occorre compilare lo speciale modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, riportando:
- nella sezione “Contribuente”, i dati anagrafici e il codice fiscale del soggetto;
- nella sezione “Erario ed altro”, nel campo “tipo” la lettera “R”, nel campo “elementi identificativi” la partita IVA da chiudere, nel campo “codice” il nuovo codice tributo “8110” denominato “Sanzione per l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione attività di cui all’art. 35, c. 3, del DPR 633/1972 - Sanatoria di cui all’articolo 23, c. 23, d.l. n. 98/2011”, relativo al versamento della sanzione ridotta di 129 euro e nel campo “anno di riferimento” l’anno di cessazione dell’attività, nel formato “AAAA” (es. 2009).
Possibilità di utilizzare il ravvedimento operoso
Si ricorda, infine, che resta ferma la possibilità di sanare la violazione in esame avvalendosi del ravvedimento operoso, ipotesi che consentirebbe di versare una sanzione inferiore a 129 euro. Infatti, se la dichiarazione di cessazione attività viene presentataentro un anno dalla violazione, è prevista la riduzione della sanzione:
- a 51 euro (pari a un decimo di 516 euro), per le violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011;
- a 64 euro (pari a un ottavo di 516 euro), per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011.

mercoledì 28 settembre 2011

Presunzioni bancarie valide anche per i co.co.co

Il meccanismo, solo per i versamenti, vale per ogni categoria reddituale, non essendo circoscritto ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo
Le presunzioni legali di cui all’art. 32 del DPR 600/73 inerenti le movimentazioni bancarie che non trovano riscontro nelle scritture contabili hanno portata generale, e non possono ritenersi circoscritte ai possessori di reddito d’impresa e di lavoro autonomo.
Questa è l’interessante affermazione contenuta nella sentenza della Corte di Cassazione n. 19692 depositata ieri, che, a quanto pare per la prima volta, si pronuncia su un aspetto di grande interesse, adottando un’interpretazione sfavorevole nei confronti dei contribuenti e, invero, a nostro avviso suscettibile di critica.
La difesa aveva sostenuto, vista la portata dell’art. 32 del DPR 600/73, che le presunzioni bancarie operino solo in caso di attività d’impresa o di lavoro autonomo, non quindi per le altre categorie reddituali, come le collaborazioni coordinate e continuative (le quali costituiscono redditi assimilati a lavoro dipendente).
I giudici di Cassazione, invece, hanno replicato che le presunzioni in esame hanno valenza generale, e che a diverse conclusioni non si può pervenire nemmeno sulla base del fatto che l’art. 32 del DPR 600/73 contiene un espresso riferimento ai “ricavi” e alle scritture contabili.
Precisamente:
- per i prelevamenti, la presunzione di maggior reddito può operare solo per possessori di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, “non potendosi certamente in via generale e per qualsiasi contribuente presumere la produzione di un reddito da una spesa, e potendo viceversa una simile presunzione trovare giustificazione per imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali le spese non giustificate possono infatti ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti”;
- quanto esposto, però, non impedisce all’Ufficio “di desumere per qualsiasi contribuente che i versamenti operati sui propri conti correnti, e privi di giustificazione, costituiscano reddito, dovendosi ritenere tale attività accertativa pienamente consentita dalla norma in esame e assolutamente ragionevole”.
Invero, il dato normativo potrebbe anche avallare l’impostazione della Cassazione, siccome è stabilito che le rettifiche di cui agli artt. 38, 39, 40 e 41 del DPR 600/73 possono fondarsi sui dati rinvenuti a seguito di indagine bancaria, “se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine”.
Presunzione “ridotta” per i prelevamenti
Tuttavia, ricavare, da ciò, l’operatività della presunzione versamenti “non giustificati” = reddito occultato al Fisco appare eccessivo, in ragione del fatto che, ad esempio, un lavoratore dipendente non è tenuto alla formazione di una corretta contabilità, quindi non deve documentare le entrate e le uscite, come se fosse un’impresa o un professionista.
Allora, anziché parlare di applicabilità del meccanismo presuntivo (lasciando intendere che si tratti di presunzione legale relativa), sarebbe forse stato più corretto riferirsi, in genere, alla possibilità che i dati derivanti dalle indagini bancarie (tra cui i versamenti) possano fondare l’accertamento, fermo restando l’onere della prova in capo all’Ufficio, ovvero previa dimostrazione che il versamento sia sintomatico di un reddito non dichiarato, sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti.

lunedì 26 settembre 2011

Minimi: ancora nessun chiarimento


L’assenza di chiarimenti ufficiali determina incertezza tra i contribuenti nella scelta del regime applicabile dal 2012
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A distanza di quasi tre mesi dall’approvazione della manovra correttiva (DL 98/2011), con cui sono stati modificati i presupposti applicativi del regime dei contribuenti minimi, l’Agenzia delle Entrate non ha ancora fornito chiarimenti sugli aspetti “salienti” della nuova disciplina né, tantomeno, emanato gli annunciati provvedimenti attuativi.
Tale stato di cose determina incertezza nei contribuenti che, a fine anno, si troveranno a dover verificare se poter continuare a fruire di tale regime agevolato o meno, nonché nei soggetti che hanno iniziato (o si apprestano a farlo) una nuova attività d’impresa o professionale.
Innanzitutto, non risulta chiaro se il regime delle nuove iniziative produttive di cui all’art. 13 della L. 388/2000 potrà continuare ad essere applicato nel 2012, oppure debba intendersi implicitamente abrogato a partire dalla medesima data. L’art. 27 del DL 98/2011, infatti, afferma che gli attuali regimi forfetari sono riformati e concentrati allo scopo di favorire la costituzione di nuove imprese da parte di giovani ovvero di coloro che perdono il lavoro. Sembrerebbe che la nuova disciplina “unifichi” i regimi forfetari in vigore, con conseguente inapplicabilità del “forfettino” dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Peraltro, l’assenza di un’espressa disposizione abrogativa dell’art. 13 della L. 388 ha fatto dubitare della suddetta interpretazione.
La necessità di chiarimenti è forte, poiché si tratta di un aspetto non di poco conto per i contribuenti. Si consideri, ad esempio, un soggetto che ha iniziato l’attività ad agosto 2011: nella convinzione di poter fruire del “forfettino” anche per il periodo successivo, lo stesso potrebbe effettuare acquisti di beni strumentali, conseguire ricavi/compensi, ecc. superiori ai limiti previsti per l’accesso al regime dei minimi. Qualora l’Amministrazione finanziaria chiarisse che, dal 2012, il regime non è più utilizzabile, il soggetto non potrebbe fruire di alcun regime agevolato, non avendo più i requisiti per essere “minimo”.
Inoltre, relativamente ai soggetti che applicano attualmente il “forfettino”, permangono dubbi sul passaggio da tale regime a quello dei “nuovi minimi”, già evidenziati su queste colonne in “Con i nuovi minimi, forfettini al buio” del 20 luglio 2011.
Limitazione del regime per età anagrafica
Altro aspetto poco chiaro riguarda la limitazione di fruibilità del regime legata all’età anagrafica. Si dispone, infatti, che, di regola, il nuovo regime dei minimi è applicabile per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi. Peraltro, l’applicabilità si estende anche oltre il quarto periodo d’imposta successivo a quello di inizio dell’attività, fino al periodo d’imposta di compimento del trentacinquesimo anno d’età.
Ciò posto, ci si chiede se un contribuente che inizi l’attività a 32 anni avvalendosi del regime dei minimi possa fruire del regime per cinque periodi d’imposta e, quindi, fino ai 36 anni, oppure debba fuoriuscire dal regime al termine del periodo d’imposta nel quale compie 35 anni, fruendone per soli 4 anni.
In attesa di chiarimenti al riguardo, sembra che le predette disposizioni siano in rapporto di regola ed eccezione. La regola generale dispone la fruizione del regime per unquinquennio a prescindere dall’età in cui si inizia l’attività; in via eccezionale, qualora, al termine di tale periodo, non siano stati ancora compiuti 35 anni, il contribuente può continuare ad utilizzarlo fino al 35° anno di età (incluso).

venerdì 23 settembre 2011

Tutela ristretta negli accertamenti «esecutivi»

Ipoteca e fermo adottabili decorsi, nella maggior parte dei casi, 90 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento
Man mano che si avvicina il sistema degli accertamenti “esecutivi”, i contribuenti devono fare mente locale sulle novità del neointrodotto sistema di riscossione, novità che, per certi aspetti, si profilano pregiudizievoli nei confronti dei contribuenti, in quanto, se rapportiamo il nuovo modello esattivo con quello pregresso, emerge che, ora, il fermo e l’ipoteca potranno essere disposti con maggiore celerità.
Occorre ricordare che l’adozione di un’ipoteca esattoriale può compromettere i rapporti con gli istituti di credito, specie se l’impresa accertata ha delle trattative in corso per la concessione di credito.
Sotto la vigenza del ruolo, l’accertamento veniva, in un primo momento, notificato al contribuente, e questi, se del caso, poteva presentare ricorso in Commissione tributaria. Poi, il funzionario formava il ruolo (per la totalità delle somme o per la metà/un terzo, a seconda del fatto che il contribuente avesse o meno presentato ricorso), lo validava in via informatica e lo consegnava ad Equitalia, che, a sua volta, doveva notificare la cartella di pagamento, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento aveva acquistato definitività.
Decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, il contribuente era considerato inadempiente, quindi l’Agente della Riscossione poteva disporre i fermi di beni mobili registrati e l’ipoteca, per tutelar il proprio credito, nonché disporre il pignoramento, che, tuttavia, era soggetto a termini prescrizionali, quindi suscettibili d’interruzione.
Il contribuente, dal canto suo, aveva davanti a sé due possibilità per evitare sia l’espropriazione sia l’adozione di fermi e ipoteche:
- chiedere la sospensiva al giudice tributario, possibile, secondo parte della giurisprudenza, solo nel momento in cui il contribuente riceveva la cartella di pagamento;
- chiedere la dilazione delle somme iscritte a ruolo, inibendo in tal modo le cautele (Equitalia, con la presentazione della domanda entro i sessanta giorni, sospendeva le attività esecutive/cautelari, che venivano “definitivamente” bloccate con il pagamento della prima rata).
Dal 1° ottobre cambia tutto, e anche in maniera radicale.
La Direzione provinciale emetterà l’avviso di accertamento, contro cui il contribuente potrà fare ricorso e, contestualmente, chiedere la sospensiva senza problemi di sorta.
Ciò, tuttavia, non sospende il termine per il pagamento delle somme, che deve avvenire entro il termine per il ricorso, quindi, di norma, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento. Successivamente al decorso di trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, le somme (per l’intero o per un terzo, a seconda del fatto che sia stato o meno notificato il ricorso) verranno date ad Equitalia.
La domanda di dilazione non blocca né fermi né ipoteche
A questo punto:
- immediatamente, possono essere azionati i fermi di auto e le ipoteche, in costanza ovviamente dei presupposti di legge (ad esempio, l’ipoteca non è adottabile per crediti sino a 20.000 euro se il credito è contestato e l’immobile è adibito a prima casa del contribuente);
- decorsi 180 giorni dall’affidamento del credito, pertanto 270 giorni dalla notifica dell’atto, la sola espropriazione è sospesa (quindi ciò riguarda esclusivamente il pignoramento);
- il pignoramento va disposto, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento ha acquistato definitività.
Quindi, è ben difficile, data la ristrettezza dei tempi, che la sospensiva del giudice arrivi prima del momento in cui Equitalia può adottare ipoteche e fermi, in quanto dovrebbe giungere entro novanta giorni dalla notifica dell’accertamento.
Inoltre, la dilazione delle somme non potrà essere chiesta alla Direzione provinciale dopo la notifica dell’atto, ma, come ora, solo ad Equitalia, quindi quando il contribuente è già inadempiente: in breve, la domanda di dilazione non preclude nessun fermo e nessuna ipoteca, visto che viene presentata quando l’ipoteca è già adottabile.
Equitalia, tuttavia, con la prossima direttiva ove dovrebbero essere fornite le nuove linee guida per le dilazioni sugli accertamenti esecutivi, potrebbe prevedere che, ove il contribuente presenti domanda di dilazione subito dopo l’affidamento del credito, siano sospese le ordinarie cautele, in attesa del provvedimento di accoglimento e, soprattutto, della prima rata.
 

giovedì 22 settembre 2011

CHIUSURA DELLE LITI FISCALI PENDENTI

RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

L`art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011, convertito con Legge 15 luglio 2011 n. 111, seppur limitatamente alle liti di importo fino a ventimila euro, ha previsto la possibilità di definizione delle liti fiscali pendenti, già regolamentata dall`art. 16 della L. 289/02, contenuta nella normativa relativa ai condoni fiscali del 2002.

Tale possibilità riguarda tutte le liti fiscali di valore fino a ventimila euro (al netto di sanzioni e interessi) instaurate con l`Agenzia delle Entrate, pendenti al 1° maggio 2011 dinnanzi ai giudici tributari in ogni grado di giudizio, anche a seguito di rinvio.

Le somme dovute andranno versate entro il 30 novembre 2011 in unica soluzione.

La Risoluzione n. 82/E del 05/08/2011 ha indicato le modalità di versamento delle somme dovute mediante predisposizione dello speciale modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, utilizzando il codice tributo 8082, denominato “liti fiscali pendenti”.

Le somme da versare sono pari a:

· 150 euro per le liti di importo fino a 2.000 euro;

· 10% da 2.000 a 20.000 euro, se in primo grado ha vinto il contribuente;

· 30% se si e` ancora al primo grado di giudizio e non vi è ancora stata sentenza;

· 50% se in primo grado il ricorso del contribuente è stato respinto.

Sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate è già disponibile il software per la compilazione del nuovo modello di versamento, per la creazione del file telematico e per la trasmissione tramite il canale Entratel.

La domanda di definizione dovrà essere presentata entro il 31 marzo 2012.

Per lite pendente si intende “quella in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali, al 1° maggio 2011, è stato proposto l'atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l'atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato”.
Si considerano perciò pendenti le liti per le quali:

a) alla data del 1° maggio 2011 sia stato proposto l’atto introduttivo del giudizio. L’atto si considera “proposto” con la notifica dello stesso, sebbene alla data del 1° maggio 2011 non sia stata ancora effettuata la costituzione in giudizio. Quest’ultima comunque deve necessariamente essere effettuata nel termine di trenta giorni dalla notifica del ricorso;

b) alla data del 1° maggio 2011 sia intervenuta una pronuncia dell’organo giurisdizionale, anche di inammissibilità, ma non siano ancora decorsi i termini per impugnarla;

c) alla data del 1° maggio 2011 vi sia stato un rinvio.


La possibilità di definizione è, ovviamente, esclusa nel caso in cui sia intervenuto un giudicato sull'intera controversia.

Non sono definibili le liti in cui sono parti del giudizio i Comuni, le Province e le Regioni. A prescindere dal fatto che il gettito del tributo sia devoluto o meno allo Stato, sono in ogni caso definibili le controversie riguardanti i rapporti tributari di competenza dell'Agenzia delle Entrate: quindi sono condonabili non solo le liti relative a tutti i tributi erariali, ma anche quelle relative all'IRAP e alle addizionali comunali e regionali all'IRPEF.

Nel caso di acquiescenza parziale sul tributo, la definizione della lite può avvenire prendendo a base l'ammontare del tributo in contestazione in primo grado, senza tener conto delle sanzioni e degli interessi che si riferiscono allo stesso.

Sono definibili anche le liti concernenti sanzioni amministrative collegate al tributo. Ove con provvedimento separato siano state irrogate sanzioni collegate a un tributo non più in contestazione, perché, ad esempio, la relativa controversia autonomamente instaurata non è più pendente, è consentito chiudere la relativa lite avendo riguardo all'ammontare delle sanzioni. In tal caso il valore della lite sarà determinato con riferimento all’importo delle sanzioni.

Poiché l’articolo 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011 fa espresso rinvio all’art. 16, comma 3, lett. a) della legge n. 289/2002, è opportuno un richiamo alle interpretazioni di prassi che si erano formate in ordine al precedente “condono”.

Per il vecchio condono era escluso che fossero definibili le liti concernenti “gli altri atti di imposizione”. La Circolare n. 12 del 2003 aveva precisato che tale disposizione si riferisse agli avvisi di liquidazione, alle ingiunzioni ed ai ruoli, in considerazione della natura di tali atti non riconducibili nella categoria degli atti impositivi, in quanto finalizzati alla riscossione dei tributi e degli accessori. La deroga a tale principio era ritenuta possibile nel caso in cui uno dei predetti atti assolvesse anche alla funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione.

In altri termini, le liti relative ad avvisi di liquidazione, le ingiunzioni e i ruoli possono essere definite qualora i predetti atti costituiscano il primo atto di manifestazione della pretesa impositiva.
Si pensi, per quest’ultima ipotesi, alle controversie aventi ad oggetto le cartelle emesse a seguito di controllo formale della dichiarazione ai sensi dell'art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, eccetto la iscrizione a ruolo per carente o omesso versamento.

Discostandosi dall’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la possibilità della definizione degli avvisi di liquidazione delle imposte di successione, facendoli rientrare nel più ampio concetto di “atti di imposizione” (Cass. n. 18840 del 30/08/2006).

La lettera c) del comma 12 dell’art. 39 del d.l. n. 98/2011 prescrive che “le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente comma sono sospese fino al 30 giugno 2012”.
L'ambito di applicazione della sospensione dei termini è esteso al termine per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione nonché per la costituzione in giudizio.

Considerato il generale richiamo al precedente condono, qualora durante il periodo di sospensione dei termini sia già stata fissata la trattazione della lite, il giudizio è sospeso a richiesta del contribuente che dichiari, con apposita memoria o in udienza pubblica, di volersi avvalere delle disposizioni sulla definizione della lite.

Gli Uffici trasmetteranno ai giudici competenti entro il 15 luglio 2012 l'elenco delle liti per le quali è stata presentata l'istanza di definizione e tali liti resteranno sospese fino al 30 settembre 2012. La comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto deve essere depositata entro il 30 settembre 2012. Tale comunicazione degli Uffici, stante il disposto del comma 8 dell’art. 16 della legge n. 289/2002, determina l'estinzione del giudizio per cessata materia del contendere.

In caso di mancata definizione, l'Ufficio deve comunicare, entro il 30 settembre 2012, l’eventuale diniego della definizione alla Segreteria della Commissione Tributaria presso la quale la lite è pendente. Il provvedimento va notificato anche al contribuente. Il diniego della chiusura della lite pendente è impugnabile innanzi allo stesso giudice.

martedì 20 settembre 2011

«Clienti e fornitori», più tempo per la comunicazione

Un provvedimento dell’Agenzia proroga a fine anno il termine per l’adempimento, prima previsto per il 31 ottobre
C’è più tempo per assolvere l’esordiente incombente della comunicazione delle operazioni rilevanti IVA soggette a fatturazione, il cui importo sia almeno pari a 25mila euro, al netto del tributo.
Lo ha stabilito il direttore dell’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento del 16 settembre pubblicato ieri, 19 settembre 2011, modificando alcune parti del precedente provvedimento del 22 dicembre 2010.
In primo luogo, sono state sostituite le specifiche tecniche – così come già rettificate dal provvedimento del 21 giugno 2011 – al fine di semplificare maggiormente gli obblighi dei contribuenti e migliorare, anche sulla base delle indicazioni fornite dalle associazioni di categoria, la qualità delle informazioni trasmesse. Il conseguimento di tale obiettivo è, tuttavia, subordinato all’adozione di alcuni adeguamenti di carattere tecnologico, che hanno indotto l’Amministrazione finanziaria a differire di due mesi il termine ultimo previsto per l’esecuzione dell’adempimento.
Conseguentemente, i titolari di partita IVA dovranno presentare entro il 31 dicembre 2011, e non più il 31 ottobre 2011, la comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA, soggette all’obbligo di fatturazione e perfezionate per un importo non inferiore a 25mila euro. L’adempimento deve essere assolto anche da alcune particolari categorie di contribuenti dell’imposta sul valore aggiunto, quali ad esempio:
- i soggetti in regime di contabilità semplificata (artt. 18 e 19 del DPR n. 633/1972);
- i non residenti con stabile organizzazione in Italia, identificati direttamente oppure operanti tramite il rappresentante fiscale;
- i curatori fallimentari, per conto della società debitrice;
- i beneficiari del regime fiscale agevolato delle nuove iniziative produttive, ma non i contribuenti minimi, salvo il caso di cessazione dall’istituto nel corso del periodo d’imposta (cfr. circolare n. 28/2011).
Sul punto, si rammenta altresì che tale obbligo – introdotto dall’art. 21, comma 1 del DL n. 78/2010 (conv. L. n. 122/2010) – riguardava inizialmente sia le operazioni fatturate, almeno pari a 3mila euro (al netto dell’IVA), che quelle documentate da ricevuta o scontrino fiscale per un importo non inferiore a 3.600 euro, al lordo dell’imposta sul valore aggiunto. A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che quest’ultimo limite opera anche con riferimento ai soggetti obbligati all’emissione della fattura, ma non alla separata indicazione del tributo, come nel caso delle agenzie di viaggio e turismo, che applicano il regime speciale di cui all’art. 74-ter del Decreto IVA (cfr. circolare n. 24/2011).
Successivamente, il citato provvedimento direttoriale ha ridefinito i termini della prima applicazione dell’adempimento, differenziati in base alla natura delle operazioni ed al periodo di effettuazione delle stesse (art. 6 del DPR n. 633/1972):
- soggette a fatturazione, compiute nel periodo d’imposta 2010, per un importo almeno pari a 25mila euro, al netto dell’IVA: 31 ottobre 2011, ora differito al 31 dicembre 2011;
- documentate da ricevuta o scontrino fiscale, eseguite nell’anno 2011 a partire dal 1° luglio, per un ammontare non inferiore a 3.600 euro, al lordo dell’imposta sul valore aggiunto: 30 aprile 2012. La medesima scadenza è fissata per le operazioni soggette all’obbligo di fatturazione, effettuate nel corso del periodo d’imposta 2011, almeno pari a 3 mila euro, al netto dell’IVA.
Si ricorda, inoltre, che – per effetto di quanto previsto, poi, dal Decreto Sviluppo (art. 7, comma 2, lett. o) del DL n. 70/2011, conv. L. n. 106/2011) – sono escluse dal predetto adempimento le operazioni, eccedenti i limiti sopra riportati, effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA, il cui pagamento sia stato eseguito mediante carte di credito, debito o prepagate, emesse da intermediari finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione stabilito dall’art. 7, comma 6 del DPR n. 605/1973, diversi da quelli non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
Le operazioni in parola devono, tuttavia, essere comunicate all’Agenzia delle Entrate, a cura dei predetti soggetti emittenti, secondo modalità e termini da definirsi con un successivo provvedimento direttoriale, così come recentemente prescritto dall’art. 23, comma 41 del DL n. 98/2011 (conv. L. n. 111/2011).

lunedì 19 settembre 2011

Accertamenti «esecutivi» quasi pronti per il debutto

Dagli atti emessi il prossimo 1° ottobre parte il nuovo sistema, e occorrerà versare le somme entro il termine per il ricorso
Si avvicina il momento di decorrenza dei nuovi accertamenti “esecutivi”: infatti, in base all’art. 29 del DL 78/2010, così come modificato dal DL 98/2011, per gli avvisi di accertamento emessi dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 scatta il nuovo sistema. Come novità preminente, dunque, il contribuente dovrà versare le somme entro il termine per il ricorso. Presumibilmente, occorrerà utilizzare il modello F24, con i codici tributo che l’Agenzia delle Entrate provvederà ad istituire.
Vale la pena di rammentare che lo spartiacque è costituito dall’emissione del provvedimento, quindi dalla data in cui il funzionario competente ha sottoscritto l’atto, essendo, di conseguenza, priva di rilievo la data di notifica.
Inoltre, è importante ricordare che la cartella di pagamento non scomparirà del tutto, anzi, rimarrà in vigore per una gran parte delle procedure impositive.
Schematizzando:
- negli avvisi di accertamento imposte sui redditi, IVA, IRAP, scatterà il nuovo sistema;
- negli avvisi di accertamento sulle imposte d’atto (registro, successioni, donazioni, ipocatastali), rimane in vigore il “vecchio” sistema, almeno per ora, quindi alla notifica dell’atto seguiranno il ruolo e la cartella esattoriale;
- nelle liquidazioni e nei controlli formali delle dichiarazioni, nulla muta, quindi ci potrà essere la diretta notifica della cartella di pagamento.
Ora può essere utile riepilogare, per sommi capi, le caratteristiche salienti del nuovo assetto esattivo.
In primo luogo, le somme contestate nell’atto dovranno essere versate entro il termine per il ricorso, di norma entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, termine che può divenire “mobile” a causa delle diverse ipotesi di sospensione previste dalla legge, prime fra tutte la sospensione di 90 giorni da domanda di adesione e la sospensione feriale dei termini. L’intensità degli importi da versare è legata al fatto che il contribuente abbia o meno presentato ricorso, non a caso:
- se il ricorso non viene fatto, il contribuente deve versare tutte le somme contestate;
- se il ricorso viene notificato, occorre versare un terzo delle somme vantate a titolo di imposta e nulla per le sanzioni, che verranno richieste nella misura dei due terzi dopo la sentenza della Provinciale.
Esecuzione sospesa per 270 giorni
Sul versante più propriamente esattivo, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento (di norma, novanta giorni dalla notifica dell’accertamento), gli importi verranno dati in carico a Equitalia, che, se del caso, procederà con la riscossione coattiva. E qui emerge la principale anomalia del sistema: solo a questo punto il contribuente potrà chiedere di versare le somme in forma dilazionata.
Per espressa previsione dell’art. 29 del DL 78/2010, la sola espropriazione è sospesa, automaticamente, per un periodo di 180 giorni dal momento di affidamento del credito, quindi per un periodo che, di norma, coincide con 270 giorni dalla data di notifica dell’accertamento.
La sospensione riguarda la sola espropriazione, pertanto Equitalia ha il via libera, in costanza dei presupposti di legge, per bloccare i veicoli del contribuente e per disporre le ipoteche. La suddetta sospensione si verifica in via automatica ed è insensibile alla presentazione del ricorso.

venerdì 16 settembre 2011

Parte domani l’IVA al 21 per cento

A decorrere dalle operazioni effettuate il 17 settembre, scatta l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota IVA
Con un comunicato stampa di ieri sera, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha informato che il DL 13 agosto 2011 n. 138, con le modifiche apportate dalla legge di conversione 14 settembre 2011 n. 148, è stato inviato per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di oggi, 16 settembre.
Pertanto, a partire da sabato 17 settembre, entrano in vigore le modifiche apportate dalla legge di conversione al citato DL 138/2011, ivi compreso l’innalzamento dell’aliquota ordinaria IVA dal 20 al 21%. Restano invece invariate le aliquote ridotte del 4 e del 10%.
Il provvedimento in esame modifica l’art. 16 del DPR 633/72, disponendo testualmente che “L’aliquota dell’imposta è stabilita nella misura del ventuno per cento della base imponibile dell’operazione”. Ricordiamo che l’aliquota ordinaria era stata elevata dal 19 al 20 per cento, con decorrenza dal 1° ottobre 1997, dall’art. 1 DL 29 settembre 1997, n. 328.
Quanto alla decorrenza, in estrema sintesi, rileva il momento in cui l’operazione posta in essere si considera effettuata ai fini IVA; pertanto:
- le cessioni di beni mobili si considerano effettuate all’atto della consegna o della spedizione;
- le cessioni di beni immobili si considerano effettuate all’atto della stipulazione del rogito notarile;
- le cessioni di beni (mobili e immobili) con effetti costitutivi o traslativi differiti rispetto agli eventi di cui sopra si considerano effettuate nel momento in cui si producono tali effetti, con il limite temporale di un anno per i beni mobili;
- le prestazioni di servizi si considerano effettuate con il pagamento del corrispettivo, indipendentemente dall’avvenuta esecuzione, in tutto o in parte, della prestazione.
Il soggetto IVA può ricorrere alla fatturazione differita al giorno 15 del mese successivo a quello di consegna o spedizione dei beni nel caso in cui i beni siano accompagnati dal DDT, di conseguenza si applica l’aliquota ordinaria del 21%, se la consegna o spedizione dei beni avviene a partire dal 17 settembre.
Acconti pagati prima del 17 settembre soggetti all’IVA al 20%
Sempre in applicazione dei principi generali del tributo, gli acconti pagati prima del 17 settembre sono soggetti all’aliquota del 20%, mentre al saldo, pagato dopo, si applica l’aliquota del 21%.
Le note di variazione emesse dal 17 settembre devono riportare l’aliquota ordinaria del 20% se la fattura, oggetto di rettifica, relativa all’operazione originaria è stata emessa prima di tale data.
Nel caso di cessioni di beni e di prestazioni di servizi realizzate nei confronti dello Stato e degli enti pubblici indicati dall’art. 6 comma 5 del DPR 633/72 (es. Regioni, Province, Comuni, ecc. ), l’IVA diventa esigibile alla data del pagamento del corrispettivo.
Considerato che la fattura deve essere comunque emessa quando l’operazione si considera effettuata (es. consegna del bene), è stato previsto che il cedente/prestatore possa applicare l’aliquota IVA del 20% se la fattura viene emessa e annotata nel relativo registro (delle fatture emesse o dei corrispettivi) prima del 17 settembre.

giovedì 15 settembre 2011

La manovra-bis incassa la fiducia anche alla Camera

Tra le decine di ordini del giorno approvati, il Governo ne ha accolto uno che introduce l’ipotesi di un condono tombale e di uno edilizio
Con 316 voti favorevoli e 302 contrari, la Camera ha votato ieri la questione di fiducia sull’articolo unico del Ddl. di conversione del DL n. 138/2011, nel testo della Commissione Bilancio identico a quello approvato dal Senato. Dopo la trattazione degli ordini del giorno e le dichiarazioni di voto finali, il provvedimento è stato approvato in via definitiva.
Si ricorda che, tra le misure contenute nel Ddl. di conversione, figurano: l’aumento dell’aliquota IVA dal 20 al 21%, con relative modifiche al DPR n. 633/72, in relazione alle modalità di scorporo dell’imposta per commercianti al minuto e soggetti assimilati e alle operazioni di esigibilità differita effettuata nei confronti di Stato ed enti pubblici; l’introduzione di un contributo di solidarietà pari al 3% per i redditi d’importo superiore a 300.000 euro lordi annui, a decorrere dal 1° gennaio e fino al 31 dicembre 2013, deducibile dal reddito complessivo; novità sul contributo unificato; incentivazione alla partecipazione dei Comuni all’accertamento; l’introduzione di un’imposta di bollo sui trasferimenti in denaro all’estero attraverso istituti bancari, agenzie di money transfer e altri agenti in attività, pari al 2% dell’importo trasferito per ogni singola operazione; le misure relative alle società “di comodo” e alla tassazione per le cooperative.
Le “novità” risiedono negli ordini del giorno approvati. La Camera, infatti, obbligata ad approvare la manovra-bis senza modifiche per evitare una terza una terza lettura del Senato, ha introdotto una serie di corpose integrazioni sotto forma di ordini del giorno votati a latere della discussione, ben sapendo che si tratta di richieste del Parlamento non troppo vincolanti: una serie di impegni, da parte del Governo, destinati in molti casi a restare lettera morta.
Alcune decine, dunque, i desiderata dei deputati o approvati con voto dell’Aula o direttamente accolti dal Governo. Come quello di Domenico Scilipoti, ex parlamentare dell’Italia dei Valori passato con la maggioranza, che, in tre cartelle dattiloscritte, “impegna il Governo a valutare se adottare il tanto vituperato condono fiscale”. Scilipoti ricorda in una nota che sono state adottate con la manovra “norme antievasione che rappresentano una svolta epocale e che nell’immediatezza devono essere accompagnate da misure che consentano il recupero di nuove risorse economiche”. Secondo il proponente, il condono fiscale dovrebbe dare ulteriori poteri a Equitalia per stanare chi non “confessa” di aver celato debiti al Fisco e gli importi da pagare sarebbero correlati al reddito dichiarato dalle società. Nella seconda parte dell’ordine del giorno Scilipoti ipotizza un condono edilizio per tutti gli abusi realizzati fino al 31 dicembre 2010 per una volumetria non superiore al 25% dell’esistente, anche se non “aderente alla costruzione originaria”.
Il Governo s’impegna anche a rivedere il regime fiscale della Chiesa
Nel rush finale della manovra è passato (285 sì, 185 no e 137 astenuti) anche l’ordine del giorno di Futuro e Libertà, che chiede di rivedere il regime fiscale della Chiesa. Presentato da Enzo Raisi, il documento votato da Montecitorio impegna il Governo a far pagare l’ICI sugli immobili della Chiesa destinati ad attività commerciali (librerie, circoli sportivi, ostelli ecc.). L’esenzione resterebbe solo per gli immobili destinati a un’attività economica non esclusiva e con un giro d’affari inferiore ai diecimila euro all’anno. L’OdG, inoltre, chiede l’apertura di un tavolo di confronto con la Santa Sede per arrivare alla piena adesione dello IOR, la banca vaticana, alle norme in materia di evasione ed elusione fiscale, riciclaggio e frodi vigenti nell’Unione europea.
La Lega Nord, inoltre, è riuscita a spuntare un parziale successo sul tema delle pensioni: un suo ordine del giorno approvato in serata concederebbe un bonus alle donne con figli, un anno di sconto per ogni figlio avuto.
Nella confusione della discussione, infine, è “passato” un ordine del giorno del Pd che impegna il Governo a valutare la revisione del tanto contestato art. 8 del DL n. 138/2011, relativo al sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità. Il testo approvato impegna il Governo a “valutare attentamente gli effetti applicativi dell’articolo 8, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere quanto prima le disposizioni, coinvolgendo le parti sociali, per redigere una norma interamente conforme agli indirizzi dell’accordo del 28 giugno 2011”.

mercoledì 14 settembre 2011

Condono sulle liti pendenti, ecco il modello di domanda

La domanda può essere presentata solo in via telematica, e occorre indicare le somme che devono essere versate
Con provvedimento direttoriale pubblicato ieri sul proprio sito internet, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per la domanda di definizione delle liti pendenti, istituita dall’art. 39, comma 12, del DL 98/2011 (c.d. “manovra correttiva”).
In virtù di ciò, come noto, il contribuente, in merito alle liti pendenti allo scorso 1° maggio 2011 (è necessario, quindi, che il ricorso introduttivo sia stato notificato al massimo in detta data, posto che, ove tale atto fosse stato notificato ad esempio il 2 maggio, la lite non può essere ritenuta pendente, con conseguente esclusione dalla definizione) concernenti atti emessi dall’Agenzia delle Entrate con valore non superiore a 20.000 euro, può optare per il condono dei processi, sulla base, in sostanza, di quanto era già stato previsto dall’art. 16 della L. 289/2002.
Il suddetto art. 39, però, stabilisce che le somme devono essere versate in un’unica soluzione entro il prossimo 30 novembre, e che la domanda di definizione può essere presentata entro il 31 marzo 2012, quindi in un momento successivo al versamento.
Prima di esaminare il provvedimento, si segnala che il versamento dovrà avvenire nella seguente misura. Vi è una “tassa fissa” di 150 euro, per i processi di valore sino a 2.000 euro (il valore è da determinarsi con riferimento alle imposte contestate nell’atto introduttivo del giudizio, al netto di sanzioni e interessi).
In caso contrario, quindi per i processi di valore superiore a 2.000 euro, occorrerà versare, esemplificando, una somma pari al:
- 10% del valore della lite, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate;
- 50% del valore della lite, in caso di soccombenza del contribuente;
- 30% del valore della lite, se il giudice non si fosse ancora pronunciato.
L’Agenzia delle Entrate specifica che occorre presentare un distinto modello per ciascuna lite autonoma definibile, esclusivamente in via telematica. Per la presentazione, il contribuente può avvalersi degli intermediari abilitati ai sensi dell’art. 3 commi 2-bis e 3 del DPR 322/98 oppure rivolgersi a qualsiasi Direzione provinciale delle Entrate.
La trasmissione telematica avviene mediante l’utilizzo di un prodotto di compilazione a cui gli utenti abilitati a Entratel o a Fisconline possono accedere gratuitamente, attraverso il sito internet dell’Agenzia delle Entrate.
Nel provvedimento, peraltro, si mette in evidenza che, successivamente, sarà resa nota la data a partire dalla quale sarà possibile compilare e trasmettere il modello.
Vale il principio dell’errore scusabile
La domanda deve essere conservata dall’istante sino alla definitiva conclusione della lite (sino al momento in cui il giudice, quindi, dichiarerà l’estinzione del giudizio per intervenuto condono), unitamente alla documentazione relativa ai versamenti effettuati.
Entro il 30 novembre 2011 deve essere effettuato un separato versamento per ciascuna lite definibile, ed è applicabile il principio dell’errore scusabile, siccome varie possono essere le problematiche relative alla determinazione del valore della lite, parametro sul quale si computa l’entità del versamento.
Per ciò che riguarda la compilazione, occorre indicare tutti i dati inerenti al condono, dalle generalità del ricorrente, al codice della DP/DRE, ai dati della lite fiscale pendente (organo giudiziario adito, data di presentazione del ricorso, tipo di atto impugnato, numero di RGR, valore della lite).
Relativamente ai versamenti, occorre indicare le somme versate nonché la data del pagamento. Potrebbe però accadere che, in virtù della riscossione frazionata, non debbano essere versate somme: in tale evenienza, è sufficiente indicare “0”.
È altresì necessario compilare la parte relativa alle somme già versate per effetto della riscossione frazionata, ad esclusione di quelle relative a imposte e sanzioni definitive (potrebbe essere il caso del giudicato “interno”).

lunedì 12 settembre 2011

Sanzioni al 50% per chi dichiara i rapporti finanziari

Gli esercenti imprese, arti o professioni con ricavi sotto i 5 milioni di euro devono indicarne gli estremi nelle dichiarazioni dei redditi e IVA
Rispetto alla prima stesura, dal maxiemendamento alla “manovra di Ferragosto” approvato dal Senato è venuta meno la disposizione che stabiliva l’obbligo generalizzato di indicazione nelle dichiarazioni dei redditi e nelle dichiarazioni IVA degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con gli operatori finanziari, di cui all’art. 7 comma 6 del DPR 605/73 (si veda “In dichiarazione dei redditi anche i «rapporti finanziari»” del 2 settembre 2011).
Tale indicazione, peraltro, è stata conservata per i contribuenti in possesso di determinati requisiti che intendano beneficiare di una riduzione delle sanzioni. Il nuovo comma 36-vicies ter dell’art. 2 del Ddl. di conversione del DL 138/2011 dispone che, per gli esercenti imprese, arti e professioni con ricavi o compensi dichiarati non superiori a 5 milioni di euro le sanzioni amministrative previste dagli artt. 1 (violazioni relative alla dichiarazione delle imposte dirette), 5 (violazioni relative alla dichiarazione IVA e ai rimborsi) e 6 (violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette ad IVA) del DLgs. 471/97 sono ridotte alla metà, al ricorrere delle seguenti condizioni:
- per tutte le operazioni attive e passive effettuate nell’esercizio dell’attività, il contribuente deve aver utilizzato esclusivamente strumenti di pagamento diversi dal denaro contante;
- nelle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e IVA, devono essere indicati gli estremi identificativi dei rapporti con gli operatori finanziari di cui all’art. 7 comma 6 del DPR 605/73, in corso nel periodo d’imposta.

Informazioni sui movimenti finanziari per attivare l’accertamento
Le movimentazioni finanziarie del contribuente sono rimaste oggetto di attenzione del Legislatore anche come possibili fonti per l’attivazione dell’attività di accertamento. L’art. 2 comma 36-undevicies del Ddl. di conversione del DL 138/2011 prevede che, in deroga all’art. 7 comma 11 del DPR 605/73, l’Agenzia delle Entrate possa elaborare specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo, utilizzando le informazioni relative a rapporti e operazioni finanziarie comunicate all’Anagrafe tributaria dagli operatori finanziari, sentite le associazioni di categoria degli operatori stessi per le tipologie di informazioni da acquisire.
Il comma 6 dell’art. 7 del DPR 605/73 prevede che gli operatori finanziari (ad esempio, banche, Poste italiane, intermediari finanziari) siano tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria, ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l’esistenza di uno dei predetti rapporti o operazioni, compiuti al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all’Anagrafe tributaria e archiviate in apposita sezione, con l’indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.
Attualmente l’utilizzo di queste informazioni è vincolato dall’art. 7 comma 11 del DPR 605/73: l’Amministrazione finanziaria può interrogare la bancadati esclusivamente per l’esecuzione di indagini finanziarie ai fini delle imposte dirette e IVA, ovvero per le attività connesse alla riscossione. L’accesso alle informazioni, oltre ad essere soggetto ad autorizzazione, risulta, quindi, successivo all’attivazione dell’azione di accertamento, funzionale a indirizzare l’operato del Fisco nella direzione più proficua. Se la modifica al DL 138/2011 sarà approvata in modo definitivo, i dati sulle operazioni finanziarie costituiranno esse stesse fonte di attivazione dell’accertamento, e non solo strumento di ausilio come avviene oggi.

venerdì 9 settembre 2011

Presentazione del modulo RW con esoneri «soggettivi»

Prima della compilazione, va verificato se il contribuente beneficia degli esoneri soggettivi relativi al monitoraggio fiscale
Il modulo RW è un quadro non reddituale presente nei modelli UNICO delle persone fisiche, delle società semplici ed enti equiparati e degli enti non commerciali. In particolare, ricorre l’obbligo di compilare il modulo in argomento:
- se sono stati effettuati trasferimenti (non al seguito) da o verso l’estero di denaro, certificati in serie o di massa o titoli effettuati attraverso soggetti non residenti in Italia, senza l’intervento di intermediari residenti che, nel corso dell’anno complessivamente considerato, abbiano superato l’importo di 10.000 euro (sezione I);
- se sono stati detenuti al termine del periodo d’imposta, per un ammontare complessivo superiore a 10.000 euro, investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia (sezione II);
- se sono stati effettuati trasferimenti da, verso e sull’estero che, nel corso dell’anno, cumulativamente considerato, abbiano superato 10.000 euro aventi per oggetto gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria di cui al punto precedente (sezione III).
Devono compilare il modulo RW – se residenti in Italia e al ricorrere delle fattispecie previste dagli artt. 2 e 4 commi 1 e 2 del DL 167/90 i seguenti soggetti:
- le persone fisiche;
- gli enti non commerciali, tra cui anche i trust;
- le società semplici e gli enti alle stesse equiparati.
Per RW previsti esoneri mirati
In deroga al principio generale sopracitato il Legislatore, probabilmente per ragioni di semplicità, ha previsto che gli obblighi dichiarativi riguardanti le sezioni II e III del modulo RW:
- alle persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia, la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal TUIR, in base ad accordi internazionali ratificati. Tale esonero si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l’attività lavorativa è svolta all’estero;
- ai soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi, con riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa.
Riguardo all’esonero dalla compilazione delle sezioni II e III per i lavoratori frontalieri, in dottrina è stato osservato che il campo di applicazione del medesimo dovrebbe coincidere con quello della franchigia di 8.000 euro concessa dall’art. 1 comma 204 della L. 244/2007, per gli anni 2008, 2009, 2010 e 2011.
Pertanto, si dovrebbe trattare di quei lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero (zone di frontiera o Paesi limitrofi) per svolgere la prestazione di lavoro. Per zone di frontiera si intendono, ad esempio, Francia, Austria e San Marino e, per Paesi limitrofi, il Principato di Monaco. Tuttavia, la norma sembra estensibile anche ai frontalieri che lavorano in Svizzera.
Nella circ. 21 giugno 2011 n. 28 (§ 5.3), l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’esonero in argomento si riferisce alle attività detenute all’estero nello stesso periodo d’imposta in cui per il lavoratore si è realizzata la condizione soggettiva di “frontaliere”. Di conseguenza, un lavoratore che:
- possiede un deposito di 100.000 euro su un conto corrente francese nel 2009, ma che ha acquisito lo status di soggetto che lavora in una zona di frontiera solo nel 2010;
- beneficia dell’esonero dalla compilazione delle sezioni II e III del modulo RW solo nel modello UNICO 2011.

mercoledì 7 settembre 2011

FINANZIAMENTI PUBBLICI ALLE IMPRESE COOPERATIVE

Dopo la pausa estiva si riparte con una bella notizia per le imprese cooperative che operano nel territorio della Regione Lazio. Infatti sono messi a disposizione degli imprenditori delle cooperative finanziamenti a fondo perduto fino ad un massimo di 80.000 euro.
L’obiettivo di questo bando pubblico è quello favorire lo sviluppo economico e l’occupazione nell’ambito del sistema produttivo delle cooperative.
Possono presentare il business plan per accedere ai contributi a fondo perduto tutte le cooperative che operano nella Regione Lazio e che risultano già costituite alla data del 28 luglio 2011 (data di pubblicazione del bando).
Per poter partecipare al bando le cooperative devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
  1. iscrizione alla CCIAA al momento della presentazione della domanda
  2. rispetto dell’obbligo di revisione secondo l’art.4 del Dlgs 220/2002 e secondo il Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 06/12/2004
  3. iscrizione all’albo nazionale e/o regionale degli enti cooperativi (art 2 e 15 del D.Lgs 220/2002)
Possono accedere ai finanziamenti a fondo perduto le cooperative che operano solo e soltanto in questi settori:
  1. Attività Manifatturiere (Codice Attività Istat Ateco 2007: da C10 a C33 con esclusione del codice C10.2; C10.85.02; C12)
  2. Attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti; recupero dei materiali (Codice Attività Istat Ateco 2007: E 38)
  3. Attività di risanamento e altri servizi di gestione dei rifiuti (Codice Attività Istat Ateco 2007: E39)
  4. Attività di costruzioni (Codice Attività Istat Ateco 2007: da F41 a F43)
  5. Attività di trasporto e magazzinaggio (Codice Attività Istat Ateco 2007: da H50 a H53)
  6. Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (Codice Attività Istat Ateco 2007: I 55 e I 56)
  7. Servizi di informazione e comunicazione (Codice Attività Istat Ateco 2007: da J58 a J63)
  8. Attività finanziarie e assicurative (Codice Attività Istat Ateco 2007: da K64 a K 66)
  9. Attività professionali, scientifiche e tecniche (Codice Attività Istat Ateco 2007: da M 69 a M 74)
  10. Attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (Codice Attività Istat Ateco 2007: daN 77 a N 82)
  11. Attività do amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria (Codice Attività Istat Ateco 2007: O 84)
  12. Istruzione (Codice Attività Istat Ateco 2007: P85)
  13. Attività di sanità e assistenza sociale (Codice Attività Istat Ateco 2007: da Q 86 e a Q 88)
  14. Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e di divertimento (Codice Attività Istat Ateco 2007: da R 90 a R 93 escluso R92)
  15. Altre attività di servizi (Codice Attività Istat Ateco 2007: daS 94 a S 96)
  16. Attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro per personale domestico (Codice Attività Istat Ateco 2007: T 97)
  17. Produzione di beni e servizi indifferenziati per uso proprio da parte di famiglie e convivenze (Codice Attività Istat Ateco 2007: T 98)
  18. Organizzazioni e organismi extraterritoriali (Codice Attività Istat Ateco 2007: U 99)
Il contributo a fondo perduto arriva a coprire fino al 50% degli investimenti. Ciò vuol dire che se una coopertativa deve fare investimenti per l’acquisto di macchinari e attrezzature per un valore complessivo di 100.000 euro, il contributo a fondo perduto da parte della Regione copre il 50% cioè 50.000 euro; i restanti 50.000 euro dell’investimento devono essere coperti dai soci stessi.
Sono ammesse al contributo a fondo perduto i seguenti investimenti:
  • acquisto del suolo aziendale (nel limite del 10% del valore dell’investimento)
  • realizzazione e acquisizione di interventi edilizi aziendali (nel limite del 20% del valore dell’investimento)
  • acquisto di attrezzature finalizzate al ciclo produtivo
  • acquisto di macchinari finalizzati al ciclo produtivo
  • acquisto di automezzi finalizzati al ciclo produtivo
  • acquisto di attrezzature informatiche e di programmi applicativi
Sono ammesse al contributo a fondo perduto i seguenti servizi reali:
  • spese per progettazione edilizia
  • spese per direzione lavori
  • spese per studi di fattibilità
  • spese per studi di valutazione di impatto ambientale
  • spese per le concessioni edilizie e per i collaudi di legge (nel limite del 10% del valore delle immobilizzazioni materiali)
  • spese per promozione e pubblicità
  • spese per ricerche di mercato
  • spese per studi di fattibilità relativi al progetto di impresa
  • spese per consulenze per l’introduzione di sistemi gestionali
  • spese per consulenze per i sistemi di qualità e relativa certificazione
  • spese per creazione di reti commerciali
  • spese per la certificazione di gestione ambientale
  • spese per la certificazione di prodotto e di controllo della produzione
  • spese per l’acquisto di brevetti
  • spese per consulenze per aumentare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro
  • spese per la rendicontazione
Per partecipare al bando pubblico occore presentare una domanda e predisporre un business plan in cui l’imprenditore deve descrivere:
  • l’organizzazione e la compagine sociale
  • il prodotto/servizio offerto
  • il posizionamento nel mercato
  • il target di riferimento in termini di gusti/desideri e abitudini di acquisto o di consumo
  • il piano degli investimenti e la relativa copertura finanziaria
  • la stima degli obiettivi di vendita
  • la stima dei costi di gestione
La presentazione del business plan e di tutti i documenti richiesti deve avvenire entro e non oltre il 25 ottobre 2011 .