DATI DI CONTATTO:

E-MAIL: martufi.p@gmail.com
TEL. 06 5201169 (per appuntamenti)
FAX 06 233213554
Via Berna n.3 - 00144 Roma



sabato 24 marzo 2012

Linea dura sull’esercizio abusivo della professione

Per le SS.UU., senza iscrizione all’Albo dei commercialisti, non è possibile esercitare in modo continuativo e retribuito le attività di loro competenza.
 Annalisa DE VIVO
Dalla sentenza n.11545/2012, emessa dalle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione e depositata nella giornata di ieri, emerge un orientamento senza precedenti in tema di applicabilità dell’art. 348 c.p., avente ad oggetto il reato di esercizio abusivo della professione.
L’importanza di questa pronuncia trascende il mero ambito applicativo della norma sopra citata, da anni oggetto di un voluminoso filone giurisprudenziale: seppure con specifico riferimento al suddetto illecito, viene infatti affrontata la delicata questione inerente alla portata interpretativa dell’art. 1 del DLgs. 139/2005 (ordinamento della professione di dottore commercialista e di esperto contabile), che disciplina l’oggetto della professione.
Procedendo con ordine, le Sezioni Unite sono state chiamate ad esprimersi in merito alla circostanza che le attività di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti integrino il reato di esercizio abusivo della professione di ragioniere, perito commerciale o dottore commercialista, qualora le stesse siano svolte in modo continuativo, organizzato e retribuito da chi non è iscritto al relativo Albo professionale.
Sul punto, è opportuno ricordare come nel tempo si siano formati due distinti orientamenti: quello tradizionale, in virtù del quale si riteneva che il reato sussistesse solo in presenza dello svolgimento di attività specificamente riservate da un’apposita norma a una determinata professione e quello, più recente, affermatosi con la sentenza della Cassazione n. 49 dell’8 gennaio 2003, secondo cui, invece, il reato di esercizio abusivo della professione sussiste in presenza del compimento di tutti gli atti “caratteristici” di una data professione. Negli atti “caratteristici” vanno ricompresi, oltre alle attività riservate il cui compimento integra il reato anche se svolte in maniera isolata e gratuita, anche quelli “relativamente liberi”, nel senso che chiunque può svolgerli a titolo occasionale e gratuito, ma il cui compimento resta invece riservato se avviene in modo continuativo, sistematico, remunerato, organizzato e presentato all’esterno come proveniente da un professionista qualificato tecnicamente e moralmente.
Le Sezioni Unite, pur accogliendo l’interpretazione estensiva della citata sentenza n. 49/2003, hanno affermato che il reato non può estendersi all’esercizio di attività definite in senso estremamente lato e generico all’interno degli ordinamenti professionali, ritenendo che l’interpretazione estensiva possa essere accolta solo in presenza di attività che, seppur non attribuite in via esclusiva ad una professione, sono qualificate di specifica o particolare competenza di una data professione attraverso previsioni puntuali e non generiche nei singoli ordinamenti professionali.
In particolare, viene affermato il seguente principio di diritto: “Concreta esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’art. 348 cod. pen., non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, ma anche il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuità, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, da creare in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolamente abilitato”.
Pur escludendo che la tenuta della contabilità aziendale, la redazione delle dichiarazioni fiscali e l’effettuazione dei relativi pagamenti integrino il reato di esercizio abusivo della professione di ragioniere, perito commerciale o di dottore commercialista, in quanto trattasi di attività non attribuite in maniera esclusiva ai citati professionisti dai DPR nn. 1067 e 1068 del 1953, le Sezioni Unite hanno affermato con altrettanta chiarezza che non altrettanto può dirsi a seguito dell’emanazione del nuovo ordinamento dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. A differenza del passato, la specifica inclusione delle attività di tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro e di elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarie, nonché la cura degli ulteriori adempimenti tributari nell’elenco delle attività per le quali è riconosciuta competenza tecnica agli iscritti nella sezione B dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, consente infatti di punire, a norma dell’art. 348 c.p., i soggetti non abilitati che svolgano le citate attività con modalità tali da creare le apparenze dell’attività professionale svolta da un esperto contabile regolarmente abilitato.
Nel vigore del DLgs. 139/2005, dunque, una specifica tutela è accordata allo svolgimento delle attività sopra elencate, in relazione alle quali è riconosciuta la competenza tecnica degli iscritti nella sezione B e a maggior ragione, per effetto di quanto previsto dallo stesso art. 1 al terzo comma, lett. q), degli iscritti nella sezione A dell’Albo.

Nessun commento:

Posta un commento