DATI DI CONTATTO:

E-MAIL: martufi.p@gmail.com
TEL. 06 5201169 (per appuntamenti)
FAX 06 233213554
Via Berna n.3 - 00144 Roma



venerdì 20 luglio 2012

Accertamenti bancari: il contenuto del provvedimento di autorizzazione


La stampa specializzata è recentemente tornata a occuparsi, sia in ragione del significativo potenziamento dello strumento istruttorio, sia del crescente ricorso allo stesso da parte dell’Amministrazione finanziaria e del connesso contenzioso, del contenuto motivazionale del provvedimento di autorizzazione alle indagini finanziarie.

Sul tema - a fronte di un orientamento consolidato della Cassazione volto a ritenere non necessaria nell’autorizzazione allo svolgimento di indagini finanziarie una specifica motivazione, sempreché queste ultime riguardino il soggetto fiscalmente indagato - si registra, tra la dottrina prevalente, la diffusa opinione secondo cui il provvedimento di autorizzazione debba, invece, per varie ragioni, essere necessariamente motivato.

Significativa, al riguardo, è la posizione da ultimo assunta dai giudici di legittimità nella sentenza n. 5849 del 13 aprile 2012 in cui gli stessi, pronunciandosi in ordine a indagini bancarie condotte ai fini IVA, hanno posto in evidenza che l’art. 51 del D.P.R. n. 633/1972 “non prevede affatto l’obbligo dell’indicazione del motivo, dello scopo o delle ragioni logiche e giuridiche per la richiesta e l’emissione dei provvedimenti volti all’acquisizione dei conti correnti bancari, essendo l’esercizio dei poteri degli Uffici di richiedere la copia dei conti intrattenuti con il contribuente collegato, appunto, col generale potere di controllo della dichiarazione (che può, anche, non risolversi in un accertamento tributario), senza necessità di specificazione di nessuna particolare circostanza giustificativa”.

La Corte, proseguendo nel proprio percorso argomentativo, ha poi qualificato come “non pertinente” il richiamo alla giurisprudenza e ai principi elaborati in tema di “accessi”, questi ultimi subordinati dall’art. 52 del Decreto IVA al rilascio di un’apposita autorizzazione che ne deve indicare il fine “mirando al diverso scopo di conciliare l’esigenza dell’acquisizione degli elementi di riscontro di una supposta evasione fiscale, e di evitarne l’occultamento o la distruzione, con la tutela del domicilio di ogni cittadino, la cui inviolabilità è espressamente riconosciuta dall’art. 14 Cost.”

La prevalente dottrina sostiene invece che, avendo l’ente autorizzatorio, funzioni di vigilanza sull’operato dei richiedenti, allo stesso è attribuito un controllo sia di legittimità sia di merito sull’istanza consistente nell’accertamento dell’esistenza di determinati elementi fra i quali l’indicazione del contribuente con i relativi dati identificativi, delle norme che consentono tali accertamenti, dell’oggetto della richiesta, nonché del periodo cui essa è riferita, della motivazione e della firma del responsabile.

In quest’ultima direzione pare, peraltro, essere orientata anche l’Amministrazione finanziaria che ha, sin dal 1996, richiamato l’attenzione dei propri Uffici sulla necessità che gli stessi, prima di concedere l’autorizzazione allo svolgimento di indagini finanziarie, verifichino la sussistenza, nel caso di specie, dei requisiti di legittimità e di merito, anche con riferimento alla prevedibile proficuità delle stesse indagini.

Particolarmente interessanti sono poi le indicazioni al riguardo fornite dal Comando Generale della Guardia di Finanza nella Parte V, Capitolo 2, par. 2.e. della circolare n. 1/2008, contenente “Istruzioni sull’attività di verifica”, secondo le quali “al Comandante Regionale è attribuita la funzione di eseguire, in tempi ragionevolmente brevi, una verifica delle richieste pervenute, vagliando la sussistenza dei requisiti:
di legittimità, da intendersi quale riscontro della presenza:
- di una congrua motivazione sottostante il prospettato innesco delle indagini finanziarie;
- dell’esatta e compiuta identificazione del contribuente interessato dall’accertamento e degli eventuali soggetti terzi coinvolti;
- della delimitazione degli ambiti temporali dell’indagine finanziaria;
- della specificazione, ove ritenuto necessario, dell’oggetto della richiesta e dei destinatari della medesima;
- per la sola ipotesi di preventiva richiesta al contribuente, dell’esistenza di un’attività istruttoria in corso;

- di merito, ossia delle ragioni che, in rapporto al caso concreto, fanno ritenere necessario, utile o proficua l’esecuzione dell’indagine finanziaria”.

E ancora, “conformemente ai principi generali, in tema di provvedimenti amministrativi, tanto l’autorizzazione quanto il diniego devono essere motivati, ancorché sinteticamente, con riferimento ai presupposti di fatto e di diritto […] e alle risultanze dell’istruttoria”.

A mio parere, la necessità che l’autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie contenga una specifica motivazione discende dalla volontà del Legislatore di evitare un utilizzo indiscriminato del penetrante strumento istruttorio.

Non è infatti la mera esistenza dell’autorizzazione ad attribuire legittimità a dette indagini, ma l’esistenza di una sottostante motivazione; altrimenti ragionando, cioè ritenendo che l’autorizzazione non debba essere motivata, la si svuoterebbe di qualsivoglia significato.

L’Amministrazione finanziaria, nell’espletamento della propria attività di indagine (attraverso l’utilizzo dei poteri di accesso, ispezione e verifica), deve, quindi, procedere alla raccolta di ogni elemento utile a ricostruire l’effettiva capacità contributiva del soggetto fiscalmente indagato.

Pertanto, nei casi in cui i verificatori ritengano utili o addirittura indispensabili dette indagini per il raggiungimento dello scopo che l’intervento ispettivo si propone, gli stessi dovranno chiarire, avendo acquisito elementi idonei a costituire idonea base motivazionale dell’eventuale provvedimento, il percorso logico-deduttivo da sottoporre al vaglio dell’Autorità sovraordinata.

Ciò in piena aderenza al disposto dell’art. 7 della L. 212/2000 secondo cui “gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione degli atti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

Il riconoscimento della facoltà per l’Amministrazione finanziaria di accedere ai dati bancari non può essere interpretato nel senso della possibilità indiscriminata di eseguire gli stessi nei confronti di ogni contribuente; ciò significa, sul piano pratico, che i verificatori per poter richiedere l’attivazione delle indagini finanziarie, devono preventivamente acquisire elementi idonei a segnalare un probabile occultamento di materia imponibile.
Autore: Alberto Nastasia

Nessun commento:

Posta un commento